Il cinema celebra Modigliani a 100 anni dalla morte con un evento esclusivo, presentato da Nexo Digital: Maledetto Modigliani.
Si tratta di un documentario che ripercorre fedelmente la vita del grande artista, attingendo da fonti storiche e biografiche che ricostruiscono le tappe salienti della sua esistenza. La voce narrante è quella di Jeanne, una delle donne più amate da Modì.
Artista maledetto, ribelle, genio scandaloso e maestro indiscusso dell’arte del Novecento: un ritratto che si spinge oltre la leggenda.
Nelle sale italiane il documentario dedicato a uno degli artisti più bohémien del secolo scorso, con gli interventi di Marc Restellini, Paolo Virzì, Simone Lenzi, Gérard Netter, Antonio Marras, Laura Dinelli, Emilia Philippot, Jacqueline Munck, Klaus Albrecht Schröder.
Livornese dalla vita breve e tormentata, Dedo o Modì, come fu soprannominato, viene qui narrato da un punto di vista originale: quello di Jeanne Hébuterne, l’ultima giovane compagna, che si suicidò due giorni dopo la morte dell’amato, avvenuta all’Hôpital de la Charité di Parigi il 24 gennaio del 1920. All’epoca Jeanne era incinta e lasciava una figlia di un anno. È proprio a partire dalla sua figura e dalla lettura di un passo dai “Canti di Maldoror”, il libro che Modigliani teneva sempre con sé, che si apre il docu-film che trae ispirazione anche dalla mostra “Modigliani – Picasso. The Primitivist Revolution” – curata da Marc Restellini e in programma all’Albertina di Vienna – ed è arricchito dalle immagini di opere esposte sia all’Albertina, sia alla National Gallery of Art di Washington, nei musei e nelle collezioni di Parigi e nella grande mostra “Modigliani e l’avventura di Montparnasse” del Museo della Città di Livorno.
Il docu-film percorre le tracce dell’artista nei suoi luoghi più tipici: le strade, le piazze, il quartiere livornese della Venezia Nuova, la sinagoga, il mercato centrale, le montagne vicine e la campagna in cui aveva imparato il mestiere di pittore coi macchiaioli e dove trova poi materia per le sue statue, l’arenaria e il marmo. Scopriamo poi Modigliani nel confronto con le opere degli altri artisti a lui coevi, primi fra tutti proprio Brancusi e Picasso raccontati attraverso opere e spazi (l’Atelier Brancusi del Centre Pompidou e il Musée Picasso Paris). Tra i pittori dell’École de Paris, c’è anche Soutine, ebreo come lui, con il quale per un periodo condivide una casa-studio ancora rimasta inalterata. Ritroviamo Modigliani anche al caffè La Rotonde con Jean Cocteau che ne fissa per sempre la presenza sulla “terrace” insieme a Picasso, André Salmon e Max Jacob. Di nuovo riusciamo a individuare tracce di Modigliani nella Parigi di oggi: il vagare notturno scendendo le scalinate di Montmartre verso Montparnasse nuovo centro di aggregazione, le passeggiate intorno al Pantheon, le cancellate chiuse del Jardin du Luxembourg.
Dopo aver detto ciò che è possibile riscontrare nel film evidenziamo ciò che non c’è.
Non troviamo lui, Modì, la sua voce è assente e tutto è un racconto, fatto di ricordi, di ciò che è stato e ciò che non è stato.
Si è tanto parlato di Modigliani e fa piacere vedere che si è abbandonata la visione dell’artista maledetto, contrariamente a quanto afferma il titolo, ma ci auguriamo che presto possa giungere nelle sale cinematografiche un’opera che ce lo faccia rivivere, rivedere e godere in tutto il suo fascino di uomo e artista.
Vogliamo sentire la sua voce, guardarlo negli occhi e comprenderne l’anima. Sarà mai possibile?