Come nel mio “Bosco impossibile” i rami della memoria frugano la levità ariosa di una battigia mattutina, lì dove la notte del ricordo e della fantasia si sversa nel gusto di un nuovo giorno.
Sospesi nell’umidore della notturnità sono i suoni dei sapori e delle tradizioni nel tempo passato, che vanno a colorare la fragranza della Bellezza artistica ed il sapore di alcuni nostri paesaggi.
Ecco la sinestesia di questa mia furente sicilianitudine, che è identità salda e tetragona, condisce la tradizione della nostra cucina e delle sue origini, con l’Arte ed il Paesaggio della Sicilia. L’una cosa non può prescindere dall’altra; amalgama vitale che è visione dell’impossibile realtà che solo il sortilegio della sinestesia rende possibile.
Buon viaggio.
Dall’opera SINESTESIE SICILIANE di Elio Tocco
OUVERTURE DI “ SINESTESIE SICILIANE”:
PACCHIONEIDE, ovvero l’irresistibile rivalità fra Conca d’Oro e l’Etna.
Sì, anche scorrendo i grani della memoria, alla ricerca dei sapori della sicilianitudine, troveremo traccia di quest’antica e radicata rivalità fra due civiltà urbane profondamente diverse ognuna delle quali portatrice della divina certezza della propria superiorità.
Persino la natura delle rocce parla due linguaggi diversi. L’uno panormita, ferroso, tufaceo e rossastro, l’altro decisamente juventino giocato fra il nero della lava ed il bianco del calcare siracusano.
Prendete, solo per esempio, il linguaggio della coda fra cane e gatto. Se il cane la agita vi comunica accoglienza, gioia, festa; se è il gatto ad agitare la coda vi sta, invece, comunicando insofferenza, nervosismo, desiderio di allontanamento.
Possono mai andare d’accordo? Possiedono linguaggi corporei invertiti (tranne i miei due canuzzi ed il gatto che hanno da tempo trovato un pacifico modus vivendi a volte imbarazzante).
Ed ora andiamo al nostro termine che ha la stessa riverberazione della coda nei linguaggi del cane o in quelli del gatto.
La parola guida è “pacchione”.
A Palermo è sicuramente un dispregiativo elargito generosamente a chi è grasso, di opime forme, dall’ andare impacciato e sgraziato; sgradevole; comunque al di fuori dai canoni estetici comuni e condivisi.
A Catania è un elogiativo con il punto esclamativo. Indifferentemente usato per maschi e femmine (anche se in origine le donne ne erano le destinatarie privilegiate), vuol dire molto bello, fascinoso, sensuale, prorompente di fisicità sana ed attrattiva.
E la pacchionologia ci spiega, quindi, l’irriducibilità fra due koinè che si sono sempre sforzate di nulla avere in comune. Come niente hanno in comune le parlate, i vanniamenti, le cadenze, le musicalità dialettali della lingua siciliana.
Nemmeno il grande vestito barocco, che in Sicilia ebbe dimora privilegiata, è uguale fra est ed ovest, fra l’area etneo-greca e quella punica-normanna-panormita.
E nei cibi, nel gusto, nelle tradizioni della tavola, queste rivalità hanno trovato modo di manifestarsi e di trovare visibilità nel colore e nel sapore. Ed è questa microstoria che attraverserà (senza che io vi prenda parte apparente) tutto il nostro viaggio fra memorie e sapori, luoghi ed Arte, gusto e suoni della nostra Sicilia.
Che la Forza vi accompagni e che il successo mi arrida.