CAZZINALE ROCAILLE da “SINESTESIE SICILIANE” di Elio Tocco, Strige Edizioni
Memoria splendida del Settecento Rocaille, giunto miracolosamente intatto fin sulle rive della scena centrale del “Gattopardo” di Luchino Visconti; il gran ballo d’una società aristocratica al tramonto con i nuovi Sedàra pronti a prenderne il posto politico, ma non l’eleganza.
Palermo era ricchissima di questi palazzi da quando la grande nobiltà decise di inurbarsi per essere più vicina al potere politico. Grandi dimore nobiliari in Città, splendide ville a Bagheria per trascorrervi l’estate. In fondo lo sfarzo dell’apparire rese simili nobili e popolani. Gli aristocratici con lo sfarzo barocco e la forbitezza rocaille, le feste, gli abiti, le carrozze. I popolani con le melanzane alla quaglia, il falsomagro, il sugo finto. In fondo gli uni e gli altri abitavano gli stessi spazi urbani, addossati gli uni agli altri.
È questo che rende ancora più fascinoso il palazzo di cui si dice. Sorge entro il marciume di catapecchie e di laida vecchiaia del quartiere popolare. Scrigno improvviso che si apre alla meraviglia con uguale trovata barocca di quella che Bernini immaginò per il suo abbraccio di colonne, innanzi S. Pietro, cui si giungeva da vicoli e viuzze anguste, spalancando la meraviglia. Ma quello del Bernini era un linguaggio da Controriforma propagandistica, destinato proprio al popolo; questo era, invece, esclusivo e riservato solo agli ottimati aristocratici, gattopardi morenti, memori d’una grande stagione d’incontrastato potere.
Oggi proprietà della principessa Carine Vanni Mantegna di Gangi, che è riuscita a preservarne l’integrità ma che, schiacciata dall’ottusa incomprensione della Cosa Pubblica, ha deciso di venderlo. Un crimine culturale in più, un gioiello in meno, ed in giro, l’assedio della mediocre indifferenza.